Vittorio: quando cucino sono su un altro pianeta, ed evado dalla quotidianità
La cucina gli ha cambiato la vita grazie alla sua voglia di imparare: da quelli della mamma a quelli dello chef Cannavacciulo, Vittorio ha fatto tesoro di tutti gli insegnamenti e ora ha le idee chiare e la voglia di osare
Quando l’anno scorso la madre gli ha passato la ricetta della fileja alla ‘nduja, un piatto di pasta tipico calabrese, dicendogli “te la meriti”, Vittorio ha capito di essere arrivato al suo traguardo. E la stessa mamma, che prima lo aveva viziato non facendolo avvicinare alla cucina, era diventata poi la maestra alla quale attingere ogni insegnamento, a partire dalle basi. Si perché Vittorio, dopo un divorzio, si è trovato di punto in bianco a doversi arrangiare in cucina, senza aver mai toccato una padella. I primi esperimenti con la pasta in bianco, “che veniva tipo colla - ride Vittorio – però da quel momento ho capito che mi piaceva cucinare, non ero bravo ma mi piaceva”.
La spinta arriva anche da Susy, la compagna che ha creduto in lui e lo ha spronato a fare meglio. “All’inizio ci facevamo i classici regali da innamorati, poi ha iniziato a regalarmi corsi di cucina: prima con Luca Montersino e poi con Antonino Cannavacciuolo”. E Vittorio si appassiona, al punto da partecipare come concorrente a Masterchef nel 2017, dove esegue le triglie in doppia cottura, ma viene eliminato perché non sapeva cosa fosse il katsuobushi. “L’ho assaggiato una volta sola ma per principio non lo uso più”.
La passione non si esaurisce mai
In casa ho una parete attrezzata con tutti i libri di cucina: chi mi vuole bene, mi regala un libro o qualcosa che abbia a che fare con questa mia passione. Lo chef Antonino Cannavacciuolo mi ha detto che la cucina è un dono che avevo dentro di me e non riusciva a esplodere. Seguendo i suoi insegnamenti ho imparato molto dal punto di vista tecnico, per esempio le riduzioni (anche il vino si può ridurre! Non lo sapevo!). La mamma invece, mi ha insegnato per prima cosa la regola della pulizia in cucina, e poi che quello che preparo deve piacere prima di tutto a me, e soprattutto mi ha insegnato a non sprecare mai niente. Infatti io sono per il riciclo totale. Per esempio, se cucino una vellutata di zucchine, non butto le bucce ma ci faccio degli spaghetti.
Se fossi un piatto, sarei: una cacio e pepe per la cremosità, perché specie con mio figlio Federico e con la mia compagna Susy sono cremoso; però sarei anche un’arrabbiata, perché al primo boccone sembro dolce, ma poi esplode tutto il sapore piccante. Sono tenero ma non permetto a nessuno di maltrattarmi.
Cucinare non è una questione di tempo, ma di voglia
Nella mia cucina settimanale faccio piatti semplici ma golosi come la amatriciana o gli spaghetti aglio, olio e peperoncino – ma rivisitati un pochino. Io per esempio scolo sempre la pasta a 2/3 della sua cottura e poi termino in padella e anziché usare lo spicchio di aglio ne faccio una cremina.
Non preparo solo cose elaborate (come la spuma di cozze per la mia pasta e fagioli rivisitata), ma quando sono a casa solo con mio suocero mi godo anche un semplice piatto di spaghetti con le vongole. A proposito di mio suocero, è lui la cavia per le mie ricette e anche il mio critico di riferimento oltre che aiutante nel food styling quando faccio le foto ai piatti.
Fruste, padelle e trincianti sono le mie bacchette magiche.
E mi diverto con la cucina molecolare a fare il caviale di menta o l’aria di limone. Nella mia dispensa non mancano mai la farina e l’agar agar, un addensante naturale che uso per le vellutate o i gelè. L’ho scoperta grazie ai libri di Luca Montersino.
La cucina è un modo di essere
Grazie alla cucina sono riuscito a dimostrare a me stesso e agli altri che posso farcela. E adesso tramite la cucina voglio trasmettere le mie emozioni, voglio che dentro una ricetta si percepisca il mio animo. Per esempio? Il risotto di 'nduja con fonduta di gorgonzola: un connubio che mi rappresenta e rappresenta le mie origini e chi sono oggi. In questi 15 anni ho imparato tanto: se guardo i primi piatti che facevo li vedo orribili, ma è un percorso che non rinnego, anzi, mi fa essere ancora di più orgoglioso di me stesso. Non sapevo fare un piatto di spaghetti, ora faccio l’aria di cozze e la spuma di ostriche.