Le sagne e fagioli all’abruzzese (a Teramo, dalle mie parti, sono chiamati “Tajulin e Fasciul”) sono un piatto antico, della cucina povera, assaporati nelle case dei contadini in tutto l’arco dell’anno (a cominciare dalla prima macinatura), a base di pasta fatta in casa senza uova e di fagioli (quelli scuri, tipo borlotti).
Molto raramente, proprio perché nato come piatto povero, veniva arricchito da un gambo di prosciutto crudo o da cotiche e pancetta di maiale.

Ricordo ancora la signora Marietta, che ogni tanto veniva ad aiutare la nonna a casa per le faccende domestiche, ammassare - rigorosamente con le mani - quantità smisurate di farina e acqua per tagliare con il coltello ben affilato “li tajulin” (i tagliolini o le sagne) di grandezza irregolare.

I legumi secchi, come anche quelli freschi, da sempre hanno rappresentato uno degli alimenti principali della cultura povera contadina abruzzese, proprio perché fonte di proteine e perché non necessitano di essere coltivati in zone particolarmente ricche di acqua e pianeggianti, tanto da diventare una buona fonte di sostentamento anche per le famiglie meno abbienti.

Anche sui fagioli “secchi” - messi a bagno la sera prima - a casa mia c’era una tradizione ben precisa: dovevano essere rigorosamente quelli Abruzzesi, coltivati ed essiccati nell’Altopiano di Navelli. A detta della Signora Marietta, questi tipi di fagioli, chiamati  “a quaranta giorni”, erano particolarmente saporiti, tanto da conferire al piatto un sapore più gustoso e più piacevole al palato.

I “fagioli a quaranta giorni”, di colore marrone chiaro con striature scure, si chiamano così per la breve durata del ciclo di produzione (che, abitualmente, risulta di 80/120 giorni), sono di medie dimensioni e presentano una forma ovale e leggermente schiacciata.

Dopo aver raccontato un po’ di questo delizioso piatto, sono sicura che a tutti voi sarà venuta la voglia di assaggiarlo. E, con grande gioia vi lascio la ricetta di famiglia; nel caso non riusciste a trovare i fagioli “a quaranta giorni”, potete utilizzare quelli “borlotti”!

Testo e ricetta: Carla La Contessina
Coordinamento editoriale: Flavia Giordano